Recensione di Mattia
Sangiuliano
![]() |
“Gli spiriti custodi”; Dylan Dog n°345 |
«Avrà sentito
parlare di Rock Manor: uno dei palazzi più affascinanti di
Londra, come recitano le guide turistiche. Storica residenza dei
Crawley, una delle casate più antiche del Regno Unito! Non sto a
raccontarle chi erano i miei antenati e quanto abbiano contato nelle
alterne vicende di questo paese... ma, secondo alcuni, i loro spiriti
risiedono ancora fra quelle mura, secoli dopo la loro morte! Io non
ho mai creduto a queste leggende... E, comunque, ho dormito per anni
a Rock Manor senza vedere nessun fantasma... fino alla scorsa notte.»
"Gli spiriti custodi" – Una storia semplice,
lineare, una pausa, forse, tra le storie buone che sono emerse in
questa nuova fase; poco struggimento questo mese, ma ci mancherebbe:
storie drammatiche e toccanti, che stuzzicano le viscere e pizzicano
le corde tese dell'animo – come solo Dylan sa fare – ci vogliono!
“Nel fumo della battaglia” è l'esempio più recente che
ha commosso, pressoché all'unanimità, il pubblico dell'indagatore;
a lungo andare, per quanto belle, si rischierebbe di rendere
lacrimosa la figura del detective di Craven Road. Come lasciano ben
trasparire le ultime storie la dimensione dell'indagine diviene il
fulcro stabile del modus scribendi di quanti firmano le storie di
DYD.
Se “Il sapore dell'acqua” poteva essere a buon diritto classificato come
giallo – forse anche un po' noir, perché no, per la buona storia e
per la combinazione del duo d'azione Dylan-Rakim – questo mese la
dimensione indagatoria si concentra sul divertissement tutto
proveniente dall'oltretomba sotto forma di eterei aiutanti. Nulla di
eccessivamente orrorifico, leggero ma non troppo, qualcosa di
allegramente tragicomico finanche curato nel disegno.
Un albo che non brilla
più di tanto nel cielo delle buone storie di Dylan, così come la
copertina di Angelo Stano che, sino ad ora, ci aveva abituati
a una rosa di lavori grafici poppeggianti tutt'altro che scontati o
ripetitivi, a tratti rasenti la dimensione del sublime. Interessante
il gioco di colori, il contrasto della camicia rossa “viva” di
Dylan che si erge al centro degli evanescenti spiriti custodi in
bianco e nero che popolano la storia, passando di specchio in
specchio come attraverso delle porte. Non un “Ritratto di
famiglia” (tanto per citare un altro albo), quello che sembra
evocare la copertina a una prima occhiata, bensì il riflesso di una
dimensione posta tra realtà e incubo, porta e ponte di passaggio
sfruttato dagli spiriti e offerto al lettore che prende in mano il
suo nuovo albo.
Tra le firme di questa
“nuova era” dilaniata emergono nuovi nomi, ma il vecchio e
garantito è tutt'altro che rottamato, spiccano così artisti non
proprio alle prime esperienze editoriali, addirittura qualche abitué
della Sergio Bonelli Editore. Questo mese eccellente prova per le
limpide, dettagliatissime e dinamiche tavole di Sergio Gerasi
– DD n°307 “L'assassino della porta accanto” e per Le
Storie “L'ultima trincea”, nonché collaboratore con
Servizio Pubblico di Michele Santoro per le Inchieste a
fumetti – ma quello che preme far emergere è il soggetto e la
sceneggiatura di Luigi Mignacco,
veterano nella SBE dal 1896 e firmatario di numerose storie
dell'indagatore – dal novembre del 1987 –, uno che, in poche
parole, sa il fatto suo – ben quindici sceneggiature di altrettanti
albi portano la sua firma, mentre di queste “solo” tredici hanno
disegni partoriti dal suo pugno – un nome che correda albi miliari
come “Fra la vita e la
morte” (n°14, solo
sceneggiatura), “I
conigli rosa uccidono”
(n°24), “Fratelli di
un altro tempo”
(n°102), “L'uomo nero”
(n°186) e, in epoca recente, “L'odio
non muore mai” (n°324)
o “Trash island”
(n°328).
Allo specchio –
dovrebbero guardarsi riflessi i lettori-detrattori del nuovo corso e
farsi due conti, cercare di capire che non sempre tutto ciò che
vuole portare rinnovamento porta anche con sé cose negative –
renzismo a parte, quello fa schifo e basta – l'immobilismo rischia
di corrodere, annoiare, far annegare. Può piacere o no ma, se non
altro, a modo suo, l'era Recchioni ha avuto il pregio di far
rinfocolare un po' la discussione e tentare di dare nuovo smalto a DD
senza sacrificarne l'anima. O le firme che hanno contribuito a
renderlo quello che è.
Sempre nello specchio
– si manifestano le peculiari doti degli spiriti tutt'altro che
sataniche incarnazioni del male, al contrario, dannati che cercano di
vivere in pace la loro esistenza – se così la possiamo definire –,
che possono essere visti solo da persone dotate di una certa
predisposizione d'animo, o da un buon quinto senso e mezzo; a questo
si aggiunge un ottuso giocatore d'azzardo italiano – molto
stereotipato – da salvare, un intrico con la mafia russa, qualche
persona scomparsa – variamente tolta di mezzo – e un mistero da
chiarire senza troppe complicate indagini. Buone idee che vengono
sviluppate senza eccessive pretese, una storia ricca di spunti; una
commedia con un pizzico di indagine, rasente il police procedural, e
una felice comparsata dell'ispettore pensionato nelle ultime tavole,
forse un'anticipazione per il prossimo albo “...E cenere
tornerai” (n°346), soggetto e sceneggiatura di Paola
Barbato, firma estremamente prolifica sulla serie regolare di
DYD, nientemeno che l'autrice del significativo n° 338: “Maipiù, ispettore Bloch”. Coincidenze?? Io non credo!!
E comunque vedremo... il
prossimo mese.
Nessun commento:
Posta un commento