recensione di Mattia
Sangiuliano
È
sbarcato il 1° marzo nelle sale italiane Logan - The Wolverine (2017), con
il suo carico di violenza e artigli affilati. Il dramma dell’eroe
decaduto si sposa egregiamente con un'aria western malinconica e
ricca di azione.
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Logan - The Wolverine (2017) |
Artigli di adamantio e
sangue, il menu apparentemente sembra lo stesso degli altri episodi,
non fosse però che il regista, James Mangold, ha qualcosa in
più per quello che sarà l’ultimo capitolo della lunga saga che ha
portato sul grande schermo i supereroi mutanti di casa Marvel. Una
compilation d’azione, in pieno stile mutante, che di sicuro non vi
farà gridare al già visto. Il regista, di questo nuovo – e
ultimo – capitolo, ancora una volta dedicato a Wolverine, ha
miscelato qualcosa di più che una semplice dose di ultraviolenza e
fiotti sanguinolenti; ha orchestrato, evitando i toni del melodramma,
un’epica conclusione per l’eroe mutante che, più di tutti, ha
dominato la scena fumettistica e quella cinematografica negli ultimi
due decenni con la sua epopea. Ammiccando questa volta
all'ambientazione polverosa propria del western.
Mangold ci mostra l’esito
del peso dei circa due secoli di vita che gravano come non mai sulle
spalle – e nelle ossa rinforzate – del protagonista. Il vecchio
Logan liberamente – o, se si preferisce, vagamente – ispirato
ai fumetti scritti da Millar e disegnati da McNiven, si
muove in un universo supereroistico, lungi dall’essere decadente,
letteralmente decaduto. Gli X-Men non esistono più, Wolverine,
interpretato ancora una – e per l'ultima – volta da Hugh
Jackman, è ormai l’ombra di sé stesso; Logan ha rinunciato al
suo nome è un superstite in un’epoca in cui i mutanti non hanno
più posto essendosi quasi del tutto estinti. Sopravvive
arrangiandosi a fare l’autista e accudisce un professore Xavier
(Patrick Stewart) novantenne e malato, che ha obliato un
doloroso ricordo. Il dramma si consuma nelle tinte dell’eroe una
volta invincibile ormai in declino; è sopravvissuto al suo passato e
a tutti coloro, amici e nemici, che aveva incontrato nella sua lunga
carriera. Anche il fattore rigenerante non è più lo stesso, si è
indebolito; persino lo scheletro e gli artigli di adamantio sono ora
una zavorra per il sempre meno immortale Logan.
Sulle spalle non grava
solo il peso di quell'indistruttibile metallo che lo ha reso
invincibile; è il peso di tutta la sua storia, di tutte le uccisioni
che ha commesso, di quella inestricabile scia di sangue che lo
perseguita sino al presente e che non lo tormenta più solo nei
sogni. La voglia di combattere è scemata, e sembrerebbe essere
giunto il momento di lasciarsi andare, sparire per sempre e
definitivamente, su una zattera alla deriva nell’oceano, aspettando
che le onde lo inghiottano assieme a tutto il suo ingombrante e
doloroso vissuto. Ma il fato sembra voler giocare un’ultima partita
con l’odierno Old Man Logan, spingendolo a imbarcarsi in
un’ultima impresa.
Se il pensionamento è
ormai prossimo bisogna trovare un erede per non lasciare il ruolo
vacante. È ora di passare il testimone. Il nome che avanza in tutto
il suo spietato splendore è quello di una sigla brevettata in
laboratorio: X-23, alias Laura Kinney (Dafne Keen), il clone di James Logan
Howlett alias Wolverine. “Innocenza perduta” (2005) era il
titolo italiano del fumetto che ufficializzava l’entrata in scena
di X-23 nell’universo mutante; la perdita di innocenza sembra
ricadere tra le caratteristiche principali della gelida e silenziosa
Laura, trasposta su pellicola da Mangold. Il regista coglie appieno
la sostanza di questo personaggio che si dibatte tra il suo essere
una bambina smarrita privata dell'infanzia e il suo essere surrogato
perfetto della temibile Arma X, di cui ha il medesimo corredo
genetico e di cui ricalca le orme. E il destino.
Ritroviamo il lone
ranger Logan, cowboy solitario tra la polvere al confine tra Texas e Messico, ha deciso di ritirarsi dalla scena e ora, dopo un inatteso
incontro, viene spinto di nuovo in sella per sfidare un nuovo nemico; ancora una volta, dietro l'angolo, è in agguato
l'ennesima macchinazione di individui senza scrupoli che, come gli
episodi passati ci hanno mostrato, sono variamente interessati a
estirpare o a piegare al proprio volere il potere dei mutanti. Torna
il fantasma del soldato perfetto. Lo spettro del passato di Logan si
riflette sulla nuova generazione mutante. Questo è il destino di
Laura e di tutti gli altri bambini perduti; nient'altro che armi.
Accompagnare il suo stesso sangue verso la salvezza è l'obiettivo;
sarà un viaggio che, grazie a Laura, lo porterà a riscoprire
quell'eroicità del passato che aveva deciso di sotterrare assieme ai
suoi fantasmi.
A 17 anni dal suo
debutto, era il 2000 l'anno che ha portato sul grande schermo la
trasposizione cinematografica del primo X-Men, è arrivato questo
decimo – e decisivo – appuntamento; è giunta l’ora di chiudere
in gran stile una lunga stagione che ha visto alti e bassi. L'omaggio
a questa lunga saga trova suggello con il riuscitissimo Logan
che porta a margine delle sue sequenze di azione adrenalinica
la bolla papale del R-Rating[1] di ultraviolenza che ne
decreta l'imprimatur. La dose di violenza e sangue – su tutto
spiccano gli headshots di artigliate che sono all'ordine del giorno
nel repertorio di mosse del mutante canadese – non fanno però
perdere la solidità della trama e non fanno venir meno la tenuta del
personaggio; la vena nostalgica che attraversa il film e talvolta prorompe in certi passaggi contribuisce a delineare un eroe complesso e schiacciato sotto il peso degli
eventi, in questa pellicola come non mai, oltre che gettare le basi del futuro della sua più che legittima erede: X-23.
___Note___
[1] R-Rating:
vale a dire il “bollino rosso” che contraddistingue prodotti
cinematografici non adatti ai bambini per la presenza di scene
violente e sangue.
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